A scopo
introduttivo traiamo alcuni brevi riflessioni da “Il linguaggio della
matematica” di Umberto Bartocci e Rocco Vittorio
Macrì pubblicato in rete in “Episteme”
http://www.dipmat.unipg.it/~bartocci
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In verità, (scrivono Bartocci e Macrì) infatti, la matematica può essere assimilata al cappello di un prestigiatore, da cui non può uscire nulla che non vi sia stato inserito - ma di nascosto, lontano dagli occhi del pubblico - sin dall'inizio. Trovare un modello matematico che possa giustificare ordine o disordine, continuità o discontinuità, o quant'altro si desideri, non è impresa impossibile per un esperto, ma ecco che la semplice esibizione di quel modello anziche’ di un altro, in un regime di monopolio degli indirizzi economici e culturali, rischia di conferire all'idea che si vuole veicolare un'autorevolezza che deriva in realtà soltanto dalla veste in cui è espressa, e non dal suo contenuto. Strano che la saggezza popolare sappia bene che "l'abito non fa il monaco", ma che in questi casi non si accorga dell'attualità del vecchio adagio!
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Il peso autorevole che un linguaggio complesso e quasi iniziatico come
quello della matematica possiede, provoca anche sugli esponenti della stessa
comunità scientifica quasi una sorta di stato ipnotico, di arrendevolezza, o
perlomeno di affievolimento della vigile "ragione cartesiana", con il
rischio che in certe teorie fisiche di oggi sia la sola forma matematica che riveste
la teoria ad essere ragione sufficiente di apprezzamento: "The habit
has developed of assuming that a physical theory is necessarily sound if its
mathematics is impeccable: the question of whether there is anything in nature
corresponding to that impeccable mathematics is not regarded as a question, it
is taken for granted"22.
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E' bene chiarire a questo punto che la fisica moderna, dopo l'affermazione
del punto di vista newtoniano, è stata per di più contaminata quasi
irreversibilmente dalla "tensione al fantastico" e
dall'"anti-intuitività" che Teoria della Relatività25 e
Meccanica Quantistica hanno inoculato nel suo corpo dall'inizio di questo
secolo. E' diventata famosa ad esempio la risposta che dava Niels Bohr a quanti
gli esponevano nuove idee sulla risoluzione dei tanti enigmi della teoria dei
quanti: "La sua teoria, caro signore, è folle, ma non lo è abbastanza per
essere vera"26. E' stata l'affermazione di queste teorie, in
larga misura dovuta proprio all'influenza di matematici27, a dare
risalto a parti della matematica che altrimenti sarebbero state perlomeno
circondate da qualche perplessità sul loro effettivo valore. Arrivando a
mettere in dubbio lo stesso concetto di causalità28, la fisica
subliminalmente innescava la possibilità che la stessa logica fosse relativa, e
chiamava quindi la matematica ad inventarne tante quante fossero necessarie
funzionalmente!29 E si noti che l'enfasi posta sul
"funziona" è quanto meno poco convincente, dal momento che la pura
funzionalità, quando è fortemente collegata con operazionismo e
convenzionalismo, perde la "universalità" che dovrebbe avere.
Heisenberg stesso, uno dei padri fondatori della nuova meccanica del
microcosmo, dove non ha senso parlare di relazioni di causa ed effetto, e la
concezione stessa di realtà si disperde fino a diventare quasi un ectoplasma
evanescente, rimane fermo sulla sua teoria "funzionale", pur sapendo
che "qualsiasi teoria che cerchi di rispondere contemporaneamente alle
esigenze della relatività speciale e della teoria dei quanta porterà a delle
inconsistenze matematiche"30. E ancora, si esorta: "La
risposta pratica a questo problema è 'chiudi gli occhi e calcola'. La meccanica
quantistica potrà anche essere difficile da interpretare, ma non si può negare
che funzioni molto bene"31. In realtà, è più plausibile pensare
invece che: "Un fisico di chiara fama come Boltzmann poteva ancora dire
ingenuamente che 'la dimostrazione che le nostre teorie sono giuste è data dal
fatto che le macchine da noi costruite secondo queste teorie funzionano'.
Questo resta tuttora valido per le formule e i calcoli matematici con l'aiuto
dei quali le macchine vengono costruite, ma per i concetti e i modelli di
particelle elementari, onde, campi di forza ecc. questo non è più altrettanto
certo"32.
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Riteniamo invece che nel momento in cui la ricerca scientifica si allontana di molto dalla sua fonte empirica ed intuitiva, diventando formalisticamente una continua prova di coerenza interna o di contenuti estetici, rimane veramente un mistero il contatto a priori, è il caso di dirlo, quasi in modo cieco, che le nostre teorie hanno, o dovrebbero avere, con la realtà; a volte, ci sembra, dando quasi l'impressione di una ridondanza di efficacia. Un ulteriore pericolo è poi che, nell'applicare "la matematica come forza razionalizzatrice diretta"40 durante la spiegazione dei fenomeni fisici, la si spinga lungo la linea che offre minor resistenza, portando ad utilizzare gli ultimi e più in voga modelli matematici - belli e pronti all'uso - senza preoccuparsi troppo se per far quadrare i conti sia infine necessario "arrotondare" ogni spigolo e frastagliatura di una realtà sperimentale apparentemente indomabile.
Forse, tutto il problema sta nell'aver dimenticato l'esortazione di Misone, uno dei Sette Sapienti di oltre due millenni e mezzo fa, ricordato da Platone insieme a Talete:
"Indaga le parole a partire
dalle cose,
e non le cose a partire dalle parole"