Laureti E.: Programmi ASPS per il 2007.................................................…1
Ceccarelli M.: D O N N E D O N N E E T E R N I D E I………….4
“Solo Saturno possiede anelli. Perchè?”
da “ Il sistema solare ” di Carl Sagan (LE SCIENZE N° 91,
Marzo 1976, inciso tra il primo ed il secondo capoverso di pagina 19)
Qualcuno si chiederà, e non a torto, che connessione vi possa essere tra il titolo di questo articolo, palesemente ispirato ad una fortunata operetta dei primissimi anni del secolo scorso ( La vedova allegra, di F.Lehar, su libretto di V. Leon e L. Stein) e la citazione dell’importante articolo del noto planetologo statunitense, redatto trent’anni or sono. I rari e coraggiosi lettori che hanno la bontà di seguirmi nelle mie peripezie letterario-astronomico-astronautiche su NOVA dovranno (ancora una volta! ) farmi credito della loro preziosa attenzione: alla fine di questo pezzo tutto sarà chiaro (o almeno così spero).
Donne di NASA
Dalla televisione abbiamo appreso che una astronauta della NASA è stata arrestata perchè avrebbe tentato di rapire ( a scopo di omicidio ?! ) una sua collega, rivale in amore. Un settimanale popolare italiano l’ha raccontata in modo simile: la astronauta, che ha fatto parte dell’equipaggio di una missione dello Shuttle, avrebbe aggredito la collega, dopo averla seguita, spruzzandole dello spray al peperoncino negli occhi, mentre quest’ultima si trovava a bordo della propria autovettura in un parcheggio. Fermata dopo poco tempo, la donna, rea confessa dei fatti, sarebbe stata dapprima accusata dal giudice solo di maltrattamenti e tentato sequestro di veicolo, ma poi la sua scarcerazione sarebbe stata bloccata perchè la polizia la sospetterebbe di tentato omicidio.
Il motivo del contendere sarebbe un bel (!?) pilota dell’US Navy, poi passato come astronauta alla NASA. La cosa che più sconcerta, in questa vicenda (per me) ai limiti dell’incredibile, è che la signora a cui sarebbero state mosse le pesanti accuse di cui sopra, oltre ad aver fatto parte di uno degli equipaggi delle missioni dello Shuttle, è sposa e madre di tre figli. E pure coniugato con prole è il bell’Antonio di questa storia poco edificante.
Orbene, ne viene con sè che il sottoscritto si augura sinceramente che tutte le accuse mosse a questa donna cadano e che la signora possa essere restituita al più presto all’affetto dei suoi figli, ma se così non fosse ci sarebbe da spiegare come una persona sicuramente selezionata anche per i suoi requisiti morali possa, nell’ipotesi più estrema, aver pianificato una “missione” con un obiettivo così odioso.
Qualcuno potrebbe affermare che al cuore non si comanda, e che una donna innamorata è capace di qualsiasi cosa. Pur vero, e, per non essere tacciati di razzismo sessista, sarò costretto ad estendere questa considerazione anche agli uomini. Ma, se le cose stanno così, e nessuno può sfuggire al primigenio imperativo della uranide Afrodite ( cosiddetta perchè generata nelle primeve spume egee, fecondate dall’urente organo di Urano, reciso dal falcetto di un altro uranide, Crono), c’è da stare davvero poco allegri. Tanto più che l’appellativo di uranide può senz’altro applicarsi anche a coloro che, per motivi di lavoro e sete di conoscenza, divengono tali volando nei cieli più alti (Urano, nella mitologia classica, era il dio del cielo) .
Per quanto concerne i motivi di preoccupazione, se ci astraiamo ora dal caso specifico, e ipotizziamo che un astronauta (di qualsivoglia sesso) possa tentare di commettere, durante una missione orbitale, un reato della stessa natura di quello (o quelli?) sopra contestato alla astronauta statunitense, e ciò avvenisse avendo come obiettivo dell’ ipotizzato disegno criminoso - ovviamente - la persona di un altro astronauta, si verrebbe a configurare un casus legale dai contorni veramente inquietanti. Questo soprattutto se la presunta intenzione criminosa ipotizzata nel caso sovradescritto fosse consumata sino in fondo.
Tanto per cominciare, chi avrebbe giurisdizione su tale fatto? A tale ormai non tanto ipotetico quesito risponde autorevolmente l’ Articolo VIII del
“ TRATTATO SUI PRINCIPI CHE REGOLANO LE ATTIVITA’ DEGLI STATI IN MATERIA DI ESPLORAZIONE ED UTILIZZAZIONE DELLO SPAZIO EXTRA-ATMOSFERICO, IVI COMPRESI LA LUNA E GLI ALTRI CORPI CELESTI ” che così recita:
- “Lo Stato contraente sul registro del quale è iscritto un oggetto lanciato nello spazio extra-atmosferico conserverà sotto la propria giurisdizione ed il proprio controllo detto oggetto e tutto il personale del predetto oggetto, quando questi si trovino nello spazio extra-atmosferico o su un corpo celeste. (omissis) ”
Quindi tutto chiaro: la giurisdizione, nella fattispecie ipotizzata, se l’ ”oggetto” fosse iscritto sul registro degli USA, rimarrebbe saldamente nelle mani della magistratura statunitense. ( Ma di quale Stato degli Stati Uniti d’America ? Oppure sarebbe competente la Corte Federale? Speriamo comunque di non dover mai assistere ad un processo per reati contro la persona perpetrati durante una missione spaziale). Forse però non è tutto chiaro e resta qualche marginale zona d’ombra.
Ebbene, forse potrebbe proprio essere così. Qualcuno, infatti, potrebbe far rilevare come la giurisdizione si estenderebbe solo agli astronauti che si trovassero, nel momento del realizzarsi dell’azione criminosa, a bordo dello Shuttle, ma non necessariamente a quelli impegnati in attività extraveicolari ( le cosiddette EVA, ed anche qui la sigla è tutto un programma…...).
In pratica, se qualcuno commettesse di persona, e trovandosi al di fuori della navetta, l’omicidio che, tanto per intenderci, pone in essere nel film 2001Odissea nello Spazio il calcolatore algoritmico euristicamente programmato Hal, quando strappa con le pinze della capsula per l’EVA, di cui ha assunto il telecontrollo, il tubo dell’ossigeno del povero Frank Poole, ebbene, questo qualcuno potrebbe non essere imputabile.
Però, a voler cavillare, si potrebbe rilevare come anche le tute spaziali stesse degli astronauti potrebbero essere considerate degli “oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico”, specialmente se dotate di un qualche sistema di propulsione a microspinta capace di modificarne in qualche misura la traiettoria orbitale. Stiamo parlando infatti di marchingegni delimitanti microambienti, protesi che isolano l’essere umano ( pardon, il soggetto di diritto ) al suo interno quasi completamente rispetto all’ ostile vuoto dello spazio, fatta eccezione per la visione dell’esterno assicurata dal trasparente del casco e degli stimoli tattili che riescono a superare gli spessi strati delle tute. Ma qualcun altro potrebbe anche far notare che un calcolatore non è imputabile e quindi il paragone lascia il tempo che trova.
Quello che è interessante rilevare è come, dalle parole “o su un corpo celeste.” si possa in qualche modo far discendere il concetto che il corpo celeste su cui sbarcherebbero gli astronauti, almeno per il periodo della permanenza di questi ultimi sulla superficie del corpo celeste stesso, sarebbe in certa misura assimilato al territorio dello Stato sul registro del quale è iscritto l’oggetto (astronave) con cui gli astronauti sarebbero giunti sulla superficie del corpo celeste. Con ciò prescindendo dalla nazionalità del/degli astronauta/i.
Ed ora, mettendo da parte le speculazioni, torniamo alla cronaca.
Il servizio televisivo individuava nello stress dell’addestramento pre-missione, durato diversi anni, e nel successivo vuoto esistenziale post-missione, una delle cause del ( almeno in parte presunto, dico io ) comportamento deviante della astronauta. Concordo fino ad un certo punto con questa interpretazione. Già molti anni or sono scrivevo “…..:è antieconomico, ingiusto e, diciamolo francamente, pericoloso sotto tutti i punti di vista pretendere che uomini e donne di notevoli capacità restino “in caldo” per più di dieci anni aspettando la grande occasione che forse non verrà mai.” (1).
In questo caso la grande occasione era arrivata, e la astronauta pare fosse stata selezionata per un’ulteriore missione della navetta, ma la frequenza dei lanci dello Shuttle è semplicemente troppo bassa per garantire una qualche “carriera” da astronauta operativo a chi abbia superato la trentina. Specialmente ora, dopo il disastro del Columbia e la decisione di cessare le missioni dello STS nel 2010, concentrando tutto sul “nuovo” ( ma non per questo meno cronologicamente remoto ) programma di esplorazione della Luna, le cui prime missioni (circumterrestri……) dovrebbero appunto iniziare nel 2014.
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Laureti E.: Impulso elettromagnetico , violazione del principio di azione e reazione e “hidden momentum” ……………..10
Ricapitoleremo brevemente ipotesi e opinioni sulla conservazione del momentum elettromagnetico e sulla violazione del principio di azione e reazione. Da diverse angolazioni sperimentali gli autori sembrano avere idee discordanti sia sulla conservazione del momentum elettromagnetico che sulla ridefinizione del principio di azione e reazione in elettrodinamica. A titolo informativo rammentero’ che ………….
Frangipane V.: Per Ricordare che una Volta era……
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Bellizzomi V.: Wire Tap per Analizzatore di Protocollo Seriale………...12
………..Limitazione delle Equazioni di Maxwell……………………14
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What we call today Maxwell's equations are Heaviside's form of Maxwell's equations.
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What's wrong with Maxwell's equations
There are many indicators that indicate mistakes in Heaviside's form of ME.
1) It may be shown that Maxwell's equations for material media …. are incorrect, having as a consequence double (mutually exclusive) definitions for (so called) "magnetic field" and "electric displacement" vectors.
2) They don't include Faraday's law of electromagnetic induction ….., as well as Lorentz force.
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Laureti E.: …………………………………………….17
Sgarlata C.: Catena di Induzione Omopolare………..18
Bartocci U.: Su una Possibile Falsificazione Sperimentale della
Teoria della Relativitaa’ Ristretta (Parte III)……….……24
Lo Sputnik è stato lanciato mezzo secolo fa. Qualcuno (intendo: tra le riviste che si interessano di argomenti aerospaziali) non sembra essersene nemmeno accorto, nel senso che poco o nulla ha scritto sull’argomento.
E va bene: Sic transit gloria mundi, anzi: gloria coeli (si noti comunque, ad evitare ogni blasfemo fraintendimento, che la g di gloria è minuscola….). Ma non è questo, a nostro parere l’aspetto più serio della faccenda. Ciò che lascia con l’amaro in bocca è che chi ha deciso di celebrare o, comunque, commentare questo avvenimento, ha in molti casi finito per attribuire il sostanziale rallentamento della corsa allo spazio ( ma forse sarebbe più realistico parlare di arresto ) quasi esclusivamente alla fine della gara spaziale tra l’URSS e gli USA ed alla crisi economica in cui si dibattono le economie dei paesi che, fino a qualche anno fa, apparivano come quelli più evoluti dal punto di vista tecnologico-scientifico.
Questa conclusione non ci trova d’accordo: forse qualcuno sta scambiando la causa con l’effetto. Intendiamo dire che probabilmente è stato anche il forte rallentamento della corsa allo spazio a determinare la crisi della economia mondiale. Di fatto, buona parte dei prodotti tecnologici di maggiore successo commerciale derivano, direttamente od indirettamente, da applicazioni di tecnologie spaziali. E, di più, il
sistema economico imperante su questo pianeta obbedisce, piaccia o non piaccia, alla ferrea legge del crescere o morire. La forma di capitalismo avanzato instauratasi con la globalizzazione, sotto questo aspetto, non appare molto diversa dalle forme dell’economia dei paesi egemoni del XVIII° e del XIX° secolo, sempre alla ricerca di nuove porzioni della superficie terrestre da utilizzare per aumentare i volumi degli scambi.
Appare a questo punto palese che il trasferimento nello spazio circumterrestre delle lavorazioni che richiedono maggiore dispendio di energia e producono residui altamente nocivi per l’ecosistema terrestre, lascerebbe buona parte della superficie del nostro pianeta disponibile per la produzione dei generi provenienti da cicli produttivi meno dannosi, segnatamente quelli alimentari.
Ancora: vi sono lavorazioni che di fatto sono possibili solo in condizioni di microgravità. Attualmente queste condizioni non sono riproducibili all’interno della tropo-stratosfera, se non per periodi di tempo molto ridotti ed in volumi relativamente angusti. Il trasferimento in orbita della produzione consentirebbe non solo la produzione in serie di oggetti con caratteristiche di funzionamento eccezionali, ma anche l’assemblaggio di macchine grandi e complesse con tali caratteristiche.
Il vero problema è il costo ( economico, ma anche ambientale ) del trasporto in orbita attorno alla Terra ( e sulla superficie lunare ) delle varie componenti necessarie per la costruzione degli opifici, ed il successivo assemblaggio ( più o meno automatizzato che sia ) di esse. E tale costo, come andiamo ormai dicendo da ben più di un ventennio, dipende direttamente da quello dei vettori utilizzati.
I missili attuali, che basano la loro propulsione sulla combustione di sostanze chimiche, solide o liquide, presentano un rapporto di massa così sfavorevole che è giocoforza utilizzare mezzi pluristadio. Questo determina un dispendio di risorse talmente elevato che, semplicemente, se si rimane nella logica attuale, per la stragrande maggioranza degli articoli fabbricabili nello spazio, non sarà mai possibile attivare una filiera produttiva che si configuri come economicamente remunerativa.
Stiamo semplicemente dicendo che una delle cause della perdurante crisi economica ed ambientale del pianeta è l’ assenza, sul mercato, di mezzi di propulsione a basso costo per l’immissione in orbita di apparecchiature atte a produrre beni ed a fornire servizi.
Questa causa va quindi rimossa, se si vuole attivare un circolo virtuoso che leghi lo sviluppo delle attività spaziali alla riaccensione qualitativa della offerta e, quindi, alla espansione di una domanda sostenibile, dal punto di vista ambientale, sul mercato planetario.
Vi è poi un altro aspetto da non sottovalutare quando ci si occupa della parabola compiuta dall’astronautica dai suoi primordi fino ai giorni nostri. Intendiamo riferirci alle implicazioni di carattere psicosociologico del problema.
La naturale tendenza dei cuccioli dei mammiferi ad esplorare l’ambiente che li circonda si è trasformata, in un animale così intensamente neotenico come l’homo sapiens, in uno strutturato comportamento esistenziale, che si articola, spesso per tutta la vita dell’individuo, in una perdurante ricerca di nuovi territori, sia in senso fisico che spirituale. Queste imprese vengono spesso condotte da aggregazioni di persone unite, tra l’altro, dalla comune aspirazione di spingere un poco più in là i confini della conoscenza umana. Queste imprese divengono inoltre l’occasione per inventare nuovi metodi, nuovi materiali, nuove macchine, o per estendere le applicazioni di altre invenzioni e scoperte. Esse divengono dunque imprese anche da un punto di vista economico, e quindi strumenti di generazione di nuovi mercati.
La globalizzazione appare aver messo ampiamente in ombra questo aspetto della figura imprenditoriale. L’imprenditore appare sempre di più ( e purtroppo spesso lo è ) come lo organizzatore e l’applicatore di idee nate altrove, il rivisitatore in senso efficientistico di invenzioni e scoperte altrui. Sempre meno egli è anche il filosofo, in senso etimologico, della produzione, colui che conosce profondamente il bene che produce ed i mezzi per produrlo. Troppo spesso egli è solo il pragmatico attuatore della produzione, quando addirittura non si limita a cercare esclusivamente il profitto ad ogni costo.
Questa situazione sta portando ad una sorta di accartocciamento dell’economia mondiale, ad un ripiegamento su se stesso del mercato planetario. In parallelo, l’industria si limita spesso a sfornare strumenti edonistici che - lungi dall’essere destinati all’appagamento dei bisogni reali degli individui e della società planetaria di cui essi, volenti o nolenti, ormai fanno parte - spingono gli individui stessi ad atteggiamenti di autorestrizione in ambienti virtuali. In alternativa, tali strumenti tendono a collocare mentalmente gli individui in ambienti sempre più lontani dalla realtà oggettiva dei fatti (specialmente quelli che li riguardano personalmente) grazie alla selezione negativa degli apporti esterni agli ambienti configurati dagli strumenti.
In questi contesti si strutturano appunto nuove forme di devianza, non più orientate alla imposizione agli altri membri della società di modelli ideologici o religiosi comunque assunti, ma alla costruzione di veri e propri mondi virtuali, con proprie leggi fisiche e biologiche, con propri ordinamenti del Diritto, e, quel che è peggio, con leggi morali pesantemente alternative.
In questi mondi interagiscono persone di età, formazioni e culture diverse.
Così, quello che per un professionista cinquantenne psichicamente stabile e stabilmente radicato in una realtà esistenziale fatta di rapporti eticamente accettabili, può configurarsi come un’ora di divertissement intellettuale, che poco o nulla va ad incidere sulle successive interazioni del soggetto con le persone e le cose della sua realtà quotidiana, per un adolescente può trasformarsi in una occasione di impropria commistione con le regole della quotidianità, con il rischio di applicare, per esempio, il codice d’onore di una confraternita di guerrieri di chissà quale mondo ucronico ai rapporti con gli amici. Ed è evidente che, se si finisce per far parlare spade reali su corpi umani reali, la cosa può drammaticamente ricadere sotto la giurisdizione della magistratura penale.
Un’alternativa solo apparentemente meno drammatica è quella del giovane che finisce per riversare il proprio investimento emotivo quasi esclusivamente sul mondo virtuale, divenendo progressivamente impermeabile ai rapporti con le persone reali.
Evidentemente non è questa la strada che porta alla formazione di elementi sani, adulti e responsabili, capaci di rapporti corretti e gratificanti in una società adeguatamente strutturata.
Nella sempre maggiore difficoltà pratica di fornire ai giovani dei paesi tecnologicamente avanzati ( ma non solo a loro ) una dimensione di ricerca su porzioni sconosciute del nostro pianeta che sia sostenibile da un punto di vista ambientale, quella di indirizzare i loro interessi verso l’alto ( in tutti i sensi ) appare come la strada maestra.
Da un punto di vista materiale, la cosa è affrontabile cercando soluzioni non convenzionali al problema della propulsione in ambito spaziale. E bisogna sbrigarsi a farlo, se si vuole onorare adeguatamente chi, cinquant’anni fa, rischiò la propria vita e la propria carriera per aprire la strada delle stelle.
Laureti E.: Attività di Ricerca sulla PNN………………………………...4
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a) Da circa una decina di mesi sto sperimentando dei particolari campi elettrodinamici , per me indispensabili ai fini della spinta pnn, di cui i testi ortodossi informano marginalmente e quel che e’ peggio ottusamente, cioe’ in modo sperimentale del tutto errato .
b) Se questi campi fossero come loro immaginano , secondo la teoria maxwelliana, sarebbe ottimo e tutto piu’ facile . Il fatto e’ che non sono come loro immaginano sempre in base alla loro teoria.
c)……………..
d) …………
e) ………….
f) …………..
g) Questi campi …………
………. Da come sono fatti sembrano intersezioni nel nostro spazio tridimensionale di campi che hanno esistenza e fisicita’ iperdimensionale……..
h) ……….
i) ………..
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….. Il Motore Perendev ……….……………………………8
…….. La Flotta di Cristoforo Colombo……………………..……16
Bartocci U.: Su una Possibile Falsificazione Sperimentale della
Teoria della Relativita’ Ristretta (Parte IV)……….….…….18